L’Hospitale di San Pellegrino

Un antico canto popolare dei pellegrini in visita al Santuario recita:
“San Pellegrin dell’Alpe
scendete un po’ più giù
abbiam rotto le scarpe
non ne possiamo più”

Chi percorre tutto il Sentiero Spallanzani invece, a San Pellegrino in Alpe ci deve arrivare. E non è un arrivo banale, è un arrivo che dà valore e senso a tutto il cammino. È un momento emozionante. Ricco di spiritualità. Da veri pellegrini.

Perché qui ci sono i resti di San Pellegrino, il simbolo dei pellegrini. San Pellegrino qui è raffigurato in un altorilievo del XII/XIII secolo con il bordone e la scarsella, cioè il bastone e la bisaccia simbolo dei pellegrini. Andate a cercarlo, è nella sacrestia del Santuario.

L’Hospitale
L’antico Spedale è posto nei pressi del passo appenninico lungo l’importante via che collegava Modena e Reggio Emilia a Lucca. Nel Medioevo la via del Passo di San Pellegrino divenne una arteria di grande comunicazione, tra  nord e  sud della penisola, lungo cui si esercitò il potere di Matilde di Canossa sui territori toscani.
Le prime notizie dell’Hospitale risalgono all’anno 1110 e sono contenute nell’atto di donazione di alcune case al rettore dello Hospitale di San Pellegrino.
Lo spedale assunse nel tempo una notevole importanza ricevendo donazioni di papi e imperatori. Il complesso fu ricostruito e ampliato nel XV secolo, quando si affermò il pellegrinaggio devozionale ai Santi eremiti Pellegrino e Bianco, le cui reliquie sono conservate nella chiesa sotto un tempietto di marmo.

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Chi era San Pellegrino?
Nato a metà del VI secolo, Pellegrino fa parte di quel gruppo di eremiti che venivano chiamati “Scoti”. Era figlio del Re di Scozia, ma aveva fatto voto di pellegrinaggio perpetuo. I suoi pellegrinaggi lo portarono in Palestina, sostò a lungo nel deserto di Giudea, poi venne in Italia per venerare in pellegrinaggio le reliquie di San Nicola a Bari, la grotta di San Michele sul Gargano e la tomba di Pietro e Paolo a Roma. Divenuto vecchio si ritirò qui a San Pellegrino in Alpe, dove assisteva i viandanti di passaggio dal valico. Qui condivise la sua vita con il suo allievo, San Bianco, un brigante che convertì.
Morì il 1 agosto forse del 643, fu trovato al mattino in un incavo di un faggio dove era solito ritirarsi a pregare. Si dice che gli animali del bosco vennero a venerare le sue spoglie. Poco dopo anche San Bianco morì, e le loro spoglie mummificate sono conservate in una teca trasparente dentro al Santuario.

Il Museo Etnografico
L’antico Spedale ospita oggi il Museo Etnografico “Don Luigi Pellegrini” che merita senz’altro una visita. In primis per vedere le stanze dove erano accolti i pellegrini di passaggio, e poi perché è una raccolta interessantissima della vita della gente di montagna. Ci sono raccolti oggetti che raccontano le stanze delle case, dalla cucina alla camera da letto. Poi le cantine con il lavoro del vino, e gli altri mestieri tradizionali: l’agricoltura, il ciabattino, il fabbro, il falegname, il telaio e il cucito, il lattaio, l’arte di fare le candele di cera, e tanto altro.

Il Giro del Diavolo
Se poi volete completare la vostra opera di pellegrinaggio, c’è un rito che i pellegrini qui compiono da secoli. Si chiama il Giro del Diavolo, e un rito simile c’è anche lungo il Cammino di Santiago.  I pellegrini si caricano una pietra, e poi salgono dal borgo fin sotto il crinale, una ripida salita di penitenza, per poi lasciare la pietra in un cumulo che nei secoli è diventato immenso. La tradizione vuole che prima di depositare la pietra si dovesse fare in ginocchio per tre volte il giro del prato. Il motivo di questo rituale si ricollega alla leggenda secondo la quale il Santo, tentato invano dal demonio, fu colpito con uno schiaffo così forte da farlo girare tre volte su se stesso.