Un Museo di geologia all’aria aperta

di Gianfranco Boretti

Il percorso del “Sentiero Spallanzani” si sviluppa in una ampia area che, dal punto di vista delle conoscenze in campo geologico, è rappresentata nei fogli in scala l:l00.000 “Modena”, “CastelnuovoMonti” e “Massa” della Carta Geologica d’Italia.
L’estrema complessità della situazione geologica della provincia di Reggio Emilia, che non può essere descritta in questo breve spazio, è comunque molto ben rappresentata lungo il percorso del sentiero e può essere colta con l’ausilio delle carte geologiche citate sopra. Complessivamente, si può considerare che il Sentiero ci dia la possibilità di compiere un immaginario “viaggio a ritroso nel tempo”, se si pensa che, entro certi limiti, le formazioni che incontriamo lungo il percorso si sono sedimentate in bacini sempre più antichi.
Nel primo tratto, da Scandiano a Rondinara, si può riuscire a scorgere una certa continuità tra le formazioni che si succedono, a ritroso nel tempo, da quelle quaternarie originatesi in un ambiente continentale alle ultime depositatesi in un ambiente soggetto a variazioni del livello marino (trasgressioni e regressioni); tali eventi si sono succeduti in un lasso di tempo di 17 milioni di anni.
Le variazioni del livello del mare sono testimoniate dalla deposizione di sedimenti evaporitici (Gessi) nel Messiniano (Miocene superiore), tipici di lagune poco profonde, costituiti da grosse bancate di gessi macrocristallini di colore grigio inframmezzate da argille marnose, seguiti dalla deposizione di argille in bacini più profondi (argille azzurre del Pliocene inferiore) ed infine dalle sabbie nel Pliocene superiore, che sono l’ultima testimonianza di ambiente deposizionale marino nella nostra provincia.
Dopo aver visto i gessi messiniani nei pressi di Mazzalasino, non avremo più l’opportunità di seguire il succedersi regolare delle formazioni geologiche, che, al contrario, ci appariranno sovrapposte e rimescolate come un mazzo di carte che, dopo essere stato ordinato per semi, sia stato mischiato alcune volte. Non ci sorprenderemo, dunque, se nel corso del nostro tragitto ci imbatteremo diverse volte in formazioni caotiche, come nella zona da Mazzalasino a Rondinara, dominata dalla presenza delle argille alle quali seguiranno altre formazioni dotate di una maggiore, anche se relativa, regolarità, come le arenarie di Ranzano da Rondinara a Regnano, caratterizzate dalla presenza di curiose forme di erosione sferoidali, nei pressi di Fondiano.
Alle arenarie di Ranzano, nei pressi di S.Giovanni di Querciola, seguono formazioni di Flysch (potenti successioni di rocce clastiche ben stratificate, disposte secondo monotone successioni ritmiche e corrispondenti a depositi di torbida accumulatisi in piane sottomarine a notevoli profondità) facilmente riconoscibili per le fitte alternanze di calcari marnoso-calcarenici, calcareniti, marne grigio-azzurre e arenarie che costituiscono il rilievo di Monte Duro (Flysch di Monte Cassio – Cretaceo superiore).
Da S.Giovanni di Querciola a Giandeto ci muoviamo in un paesaggio che risente fortemente della presenza delle argille caotiche, con le loro forme di dissesto caratteristiche, che finalmente si stabilizza grazie alla presenza della formazione di Bismantova (Miocene medio-inferiore), nella quale riusciamo a cogliere di nuovo un senso di continuità stratigrafica e di stabilità morfologica.

La Pietra di Bismantova ed i suoi dintorni ci forniscono un chiaro esempio della variabilità di composizione litologica, di assetto stratigrafico e, quindi, di assetto generale della formazione omonima. Il tipo litologico prevalente rimane comunque quello arenace, spesso più o meno mescolato a marne e argille.
In corrispondenza delle arenarie di Bismantova si osserva una morfologia poco accidentata che assume l’aspetto di un altipiano.

Lasciando alle nostre spalle l’abitato di Castelnuovo Monti, ritroviamo una situazione morfologica tipica delle argille caotiche nelle quali sembrano immergersi i gessi triassici che ci appaiono nettamente contrastanti rispetto alle formazioni circostanti, essendo costituiti da Gessi ed Anidriti saccaroidi bianchi, grigi o rosati, da calcari dolomitici e calcari cavernosi bruno scuri.
Tale formazione risente dell’azione di intensi fenomeni tettonici (trasporto su larga scala) che l’hanno spiegazzata ed intensamente fratturata determinandone la caratteristica stratificazione irregolare e contorta che può essere osservata sui versanti del Monte Rosso dal ponte del Pianello.

Ripassando nuovamente per formazioni caotiche si arriva finalmente alla formazione del “Macigno”, che costituisce i rilievi più elevati del crinale, i cui caratteri morfologici e formazionali possono essere colti agli schiocchi dell’Ozola,in corrispondenza dei quali la formazione affiora.
Il “Macigno” si è originato per deposizione da “nuvole di torbida” (Torbiditi) tra l’Oligocene medio e l’Eocene inferiore al di fuori dell’antica scarpata continentale, in mare aperto ed a notevole profondità. Esso è caratterizzato, oltre che dalla tipica sequenza stratigrafica e da una netta gradazione degli strati, anche dalla composizione quasi esclusivamente quarzoso-feldspatica dei suoi granuli sabbiosi, legati da un cemento argilloso-calcareo.